Noi tutti conosciamo la penisola dello Yucatan come impero della
civiltà Maya che conserva alcuni resti archeologici risalenti a più di
tremila anni fa. Meta turistica apprezzata da gran parte delle persone è
situato nel sud-est del territorio, nella parte nord dell'omonima
penisola. Confina a nord con il Golfo del Messico, a est con lo stato di
Quintana Roo e a sud-ovest con lo stato di Campeche.
Ma geologicamente e storicamente parlando lo Yucatan è famoso
soprattutto per ciò che accadde 65 milioni di anni fa, periodo in cui i
dinosauri spopolavano e dominavano il pianeta Terra.
In quel periodo, tra il periodo Cretacico e quello detto
Paleogene, approssimatamene 66,038 milioni di anni fa, in una giornata
come tante altre, un meteorite di dimensioni il cui diametro stimato è
pari a 12 km (paragonabile per dimensioni a Deimos satellite di Marte)
impattò nella penisola dello Yucatan, con il suo centro localizzato
approssimativamente vicino al paese di Chicxulub, nel Messico.
La detonazione che ne seguì fu di una potenza esplosiva pari a
circa 5.0×1023 joule di energia, approssimativamente 190.000 gigatoni di
TNT, nell'impatto. In confronto, l'ordigno esplosivo più potente che
sia stato detonato nella storia, la Bomba Zar, aveva soltanto un potenza
esplosiva pari ad un ventesimo di gigatone. Fu un impatto catastrofico
di proporzioni mondiali che disturbò l'ecosistema al punto che una gran
quantità di piante e animali scomparve per sempre.
Ma quale fu il lavoro dei geologi che portò alla scoperta di questo cratere?
Facciamo un passo indietro nel tempo esattamente nel 1975.
Gola del Bottaccione a Gubbio (Perugia).
Il geologo W. Alvarez nel 1975, durante alcuni studi degli
strati di Scaglia Rossa prelevati nella Gola del Bottaccione,trovò una
prova (forse la più importante e famosa!) fondamentale per appoggiare la
tesi che fu un grande asteroide a causare l'estinzione di massa tra il
Cretaceo e il Terziario: la scoperta, attraverso particolari analisi
chimiche, di un contenuto anomalo di Iridio nello strato di argilla
rossa. L'Iridio è un elemento chimico molto raro sulla superficie
terrestre mentre è presente negli asteroidi. La scoperta di questa
anomalia dell'Iridio nell'affioramento di Gubbio e anche in Danimarca
mise in evidenza che l'anomalia era una caratteristiche globale e non
locale. La tesi che fosse stato un asteroide a decretare la fine dei
dinosauri divenne sempre più valida.
La Scaglia Rossa è una successione di rocce sedimentarie,
individuabile nell'area Umbro-Marchigiana, formata dal deposito di
particelle sul fondo del mare in strati approssimativamente orizzontali.
In questo caso le particelle sono perlopiù granuli di calcite
(carbonato di calcio) derivati da gusci di microrganismi, che formano la
roccia sedimentaria chiamata calcare. Successivamente, durante la
formazione della catena appenninica, la Scaglia Rossa venne sospinta
verso l'alto e deformata, come mostra l'inclinazione di circa 45° degli
strati.
Durante alcuni studi sull'inversione del campo magnetico
terrestre, W.Alvarez notò che i microfossili dei foraminiferi (predatori
unicellulari che fluttuano presso le superfici degli oceani profondi)
presenti nei due strati diversi di Scaglia Rossa corrispondenti al
passaggio tra i periodi del Cretaceo e la base del Terziario (Limite KT,
per il fatto che i geologi usano la lettera K per simboleggiare il
Cretaceo e T per indicare il Terziario) erano alquanto diversi. Mentre i
microfossili dei foraminiferi dello strato del Cretaceo erano
abbondanti e grandi come granelli di sabbia, i microfossili dei
foraminiferi dello strato del Terziario erano invece piccolissimi. Era
questo il primo indizio dell'estinzione di massa subita da questi
predatori unicellulari in un'epoca remota, indizio appoggiato da altri
due fatti:
- la presenza in vari affioramenti a Gubbio di uno strato di
argilla rossa (vedi Fig. 4) spesso circa un centimetro e privo di
fossili, tra l'ultimo strato di calcare con foraminiferi del Cretaceo e
il primo strato di calcare contenente i foraminiferi del Terziario;
- l'estinzione dei microfossili marini che segnava il Limite KT
nei calcari di Gubbio era all'incirca contemporanea alla famosa
estinzione dei dinosauri.
Un particolare dell'affioramento del Livello KT nella Valle della
Contessa: lo strato di argilla rossa spesso 1-2 centimetri (indicato
dalla freccia) posto tra lo strato di calcare biancastro del Cretaceo e
gli strati calcarei rossastri del Terziario. Nella foto lo strato
risulta scavato a causa dei frequenti prelievi eseguiti da studiosi e
curiosi.
Da quel momento furono raccolte altre prove di cui la più
significativa è il ritrovamento del cratere d'impatto (cratere detto
Chicxulub), o meglio quello che ne rimane.
E' del 1991 la pubblicazione di un articolo da parte di un team
di scienziati in cui si presentavano gli studi dei rilevamenti
gravimetrici condotti fin dal 1950 nello Yucatan dalla PEMEX,
azienda petrolifera messicana. L'indagine gravimetrica dello Yucatan ha
messo in risalto un'enorme struttura circolare, nascosta sotto la
superficie e con centro a Puerto Chicxulub, sulla costa settentrionale,
vicino a Merida.
Di grande importanza fu lo studio dei Cenote,tipi di grotta
con presenza di acqua dolce presenti nella penisola dello Yucatan,il
cui suolo è composto di carbonato di calcio, che il mare ha eroso con un
fenomeno sia carsico che meccanico. Il carsismo consiste nella
trasformazione del carbonato di calcio, insolubile, in bicarbonato di
calcio, solubile, grazie al contatto con agenti quale l'anidride
carbonica che si ottiene da fenomeni di vulcanismo o dall'emissione di
alghe. L'erosione causata dal movimento del mare ha aiutato questo
fenomeno, e la zolla tettonica dello Yucatan è stata crivellata da una
rete di grotte e gallerie, che si sono svuotate con l'emersione.
I milioni di tonnellate di polvere che l'impatto con il meteorite
ha proiettato nell'atmosfera hanno oscurato il sole per decenni,
causando un'era glaciale. Quando i ghiacci si sono sciolti l'acqua è
penetrata nelle grotte creando un sistema di fiumi e laghi sotterranei
che tutt'oggi alimenta la regione, permettendo la crescita del secondo
polmone verde del mondo dopo la foresta amazzonica. Quest'ultima è una
foresta pluviale, quindi caratterizzata da un clima umido e da piante
mediamente alte. La foresta dello Yucatan è invece una foresta tropicale
secca, caratterizzata da piante più basse ed adatte a crescere su
terreni aridi (in tutta la penisola non c'è un secchio di terra, tranne
quella dei giardini comprata all'estero e sparpagliata dall'uomo).
Gli alberi, nel cercare l'acqua presente in questo sistema idrico
sotterraneo che è il più grande del mondo, fecero franare il terreno
dando origine ai cenote, ossia a pozzi naturali che i Maya ritenevano
passaggi per l'inframundo.
Osservando la dislocazione dei Cenote nella penisola dello Yucatan
si può notare come essi siano presenti ai bordi del famoso cratere.
Un anello quasi perfetto di sinkhole (doline) o enotes centrati
sulla località di Puerto Chicxulub. Questi "sinkholes" erano stati
quindi probabilmente causati dalla subsidenza delle pareti del cratere.
E per finire Nei primi anni novanta, Alan R. Hildebrand,
uno studente laureando dell'University of Arizona, visita il piccolo
villaggio di montagna noto come Beloc, nell'isola caraibica di Haiti.
Stava investigando alcuni depositi dell'epoca Estinzione del
cretaceo-terziario che includevano spessi depositi di roccia frammentata
e disarrangiata, che erano stati apparentemente rimossi da un certo
luogo e sparpagliati e depositati ovunque da un gigantesco tsunami
(costituito da onde marine colossali) che molto probabilmente erano
state provocate dall'impatto di un piccolo corpo celeste contro la
Terra. Questi depositi possono trovarsi in molte località attorno al
globo, ma sembrano concentrarsi nel bacino dei Caraibi.
Hildebrand scoprì un tipo di ghiaia colorata in verdastro-marrone
contenente un eccesso di iridio, che mostrava anche piccoli granuli di
quarzo sottoposti a stress termico e pressorio e piccole sferule di
silicio vetrificato che sembravano essere tectiti. Lui ed il suo tutor
universitario William V. Boynton pubblicarono i risultati di una
ricerca sulla stampa scientifica, suggerendo non solo che i depositi
erano il risultato di un impatto asteroidale sulla Terra, ma anche che
l'impatto non poteva essere stato distante più di 1.000 chilometri.
Tale circostanza, dal momento che nessun cratere di alcun tipo era
noto nel bacino dei Caraibi, risultò di particolare interesse.
Hildebrand e Boynton riportarono la loro scoperta ad una conferenza
geologica internazionale, suscitando un vivo interesse.
Indizi basati sulla densità del materiale eiettato segnalavano la
possibile ubicazione dei crateri d'impatto al largo della costa nord
della Colombia oppure vicino all'angolo occidentale di Cuba. Infine
Carlos Byars, un reporter del Houston Chronicle, contattava Hildebrand e
gli diceva che un geofisico noto come Glen Penfield aveva scoperto
quello che poteva essere il cratere da impatto nel 1978, sepolto nella
parte nord della penisola dello Yucatán.
In quell'anno, Penfield aveva lavorato per la Petroleos Mexicanos (PEMEX,
la compagnia petrolifera di stato messicana), come un membro dello
staff per la scansione magnetica aerea della penisola dello Yucatán.
Quando Penfield esaminò i dati della scansione, vi trovò anche un netto e
gigantesco "arco" sotterraneo nei dati magnetici colmi di rumore di
fondo che venivano elaborati. Questo arco, con i suoi estremi che
puntavano a sud, presente nel fondo del mare dei Caraibi al largo dello
Yucatan non era concordante con quello che ci si poteva aspettare dalla
geologia nota della regione. Penfield ne fu intrigato, e riuscì ad
ottenere una carta delle variazioni di campo gravitazionale nello
Yucatan che era stata eseguita negli anni sessanta e che giaceva
impolverata negli archivi della PEMEX. Trovò un altro arco, ma
quest'ultimo era nell'entroterra della penisola dello Yucatan, ed i suoi
estremi puntavano a nord. Mise a confronto le due mappe e riscontrò che
i due archi si riunivano in un cerchio netto, largo 180 chilometri, con
il suo centro nel villaggio di Puerto Chicxulub.
Penfield era un astronomo amatoriale ed aveva una buona idea di
quello che cercava. Anche se la PEMEX non gli permise di pubblicare dati
specifici, consentì sia a lui che al collega Antonio Camargo di
presentare i loro risultati in una conferenza geologica del 1981.
Sfortunatamente, la conferenza quell'anno fu disertata, ironicamente,
perché molti geologi seguivano un "workshop" sugli impatti cometari
sulla Terra, e il loro rapporto attirò poca attenzione, anche se riuscì
alla fine a giungere a Byars.
Penfield non si arrese. Sapeva che la PEMEX aveva perforato pozzi
esplorativi in zona nel 1951. Uno dei pozzi aveva bucato uno spesso
strato di roccia ignea nota come "andesite" a circa 1,3 chilometri di
profondità. Quella struttura poteva essere stata creata dall'intenso
calore e pressioni di un impatto asteroidale sulla Terra, ma ai tempi
delle perforazioni era stato liquidato come un "domo vulcanico", anche
se una caratteristica del genere risultava fuori posto nella geologia
della regione.
Ulteriori studi dei "core" di roccia immagazzinati avrebbero
risolto la questione, ma sfortunatamente molti di questi erano andati
perduti nell'incendio di un magazzino nel 1979. Penfield prese un aereo
per lo Yucatan per vedere se trovava qualcosa delle "tailing" (code)
lasciate dalle teste di perforazione. Questa sua idea non risultò
proficua, ed in un caso Penfield scavò dentro una porcilaia comunale che
era stata ubicata in un sito di deposito delle teste di perforazione,
compito da lui stesso raccontato come "spiacevole e infruttuoso".
Comunque, dopo che Hildebrand ebbe contattato Penfield, i due
riuscirono a recuperare due campioni separati estratti dai pozzi
perforati dalla PEMEX nel 1951. Le analisi mostrarono chiaramente
materiali risultanti dallo shock e dal metamorfismo. Gli studi eseguiti
da altri geologi dei frammenti trovati a Beloc (Haiti) mostrarono
chiaramente che erano il risultato di un impatto asteroidale.
I dati raccolti cominciavano ad essere convincenti, e le ricerche
riguardo al cratere d'impatto ricevettero un ulteriore impulso quando un
gruppo di ricercatori californiani, comprendente Kevin O. Pope, Adriana
C. Ocampo, e Charles E. Duller, iniziò a studiare accuratamente le
immagini satellitari della regione.
L'ammontare dell'evidenza era sufficiente per far salire la
maggior parte della comunità scientifica dei geologi sul carro di
Penfield, ed ulteriori studi hanno rafforzato il consenso. Infatti, si
sono accumulati molti indizi che indicano che in effetti il cratere
abbia un diametro di 300 chilometri, e che l'anello di 180 km sia
soltanto una "parete interna".
CRONACA DELL' IMPATTO
1)Pochi
secondi prima dell'impatto: un asteroide o una cometa, con un diametro
almeno di 12 km e alla velocità di circa 50 km/s, sta entrando in
collisione con la Terra.
2) Il momento dell'impatto dell'asteroide che causò l'estinzione dei dinosauri.
3)Poco dopo, un’immane esplosione provoca una violentissima onda
d’urto che spazza via ogni cosa nel raggio di 500 km. La roccia si
polverizza, raggiunge gli strati più alti dell’atmosfera, e il pianeta
si trasforma in un inferno rovente. la collisione vaporizzò enormi
quantità di roccia che oltrepassarono l’atmosfera terrestre. Il rientro
del materiale espulso avrebbe riscaldato l’atmosfera superiore a
temperature paragonabili a quelle di un forno. La radiazione infrarossa
emessa sarebbe stata spaventosa, pari a quella di una bomba all’idrogeno
da 1 megatone (equivalente a 80 bombe nucleari di Hiroshima) ogni 6 km
circa, su tutta la Terra. Ciò avrebbe scatenato incendi devastanti su
scala globale, letali per molti animali incapaci di trovare riparo sotto
terra o nell’acqua.
4)La collisione creò un enorme maremoto (tsunami) con onde circa
100 metri. Lo tsunami distrusse tutte le fasce costiere nei pressi del
luogo dell'impatto, sommergendo i dinosauri delle zone circostanti.
5) la collisione vaporizzò enormi quantità di roccia che
oltrepassarono l’atmosfera terrestre. Il rientro del materiale espulso
avrebbe riscaldato l’atmosfera superiore a temperature paragonabili a
quelle di un forno. La radiazione infrarossa emessa sarebbe stata
spaventosa, pari a quella di una bomba all’idrogeno da 1 megatone
(equivalente a 80 bombe nucleari di Hiroshima) ogni 6 km circa, su tutta
la Terra. Ciò avrebbe scatenato incendi devastanti su scala globale,
letali per molti animali incapaci di trovare riparo sotto terra o
nell’acqua.
6)Le varie onde di distruzione causate dall'impatto produssero una
tale quantità di detriti atmosferici che tutta la Terra ne viene
avvolta. Impedendo il passaggio della luce solare, lo strato di polvere
fa sprofondare il pianeta nella totale oscurità per anni.
0 commenti:
Posta un commento